Questo studio affronta la questione della fiducia dei cattolici romani nella loro Chiesa dopo la crisi degli abusi sessuali. A questa domanda si risponde attraverso un sondaggio tra 131 cattolici. Si possono distinguere diverse dimensioni di fiducia: essere sconvolti dall‘abuso, accusare la Chiesa di lassismo e di negligenza, aver fiducia nei media, perdere la fiducia nella Chiesa cattolica, dubitare della propria fede e prendere le distanze dalla Chiesa. Gli intervistati esprimono critiche alla Chiesa, ma anche fedeltà. Descriviamo un modello a quattro stadi della perdita di coinvolgimento: 1) conoscenza dell’abuso; 2) critiche alla Chiesa; 3) perdita della fede e 4) erosione dei legami con la Chiesa. Nelle donne e negli intervistati che conoscono vittime di abusi, l’erosione della fiducia si verifica più frequentemente. Negli intervistati con una preparazione teologica, la perdita della fiducia è relativamente minore.
Questo articolo descrive la costruzione di un questionario che ha lo scopo di misurare la religiosità cattolica con il Metodo dei punteggi ottimali, basata sulla quantificazione di variabili nominali (conosciuta anche come Analisi delle corrispondenze) e fornire un punteggio su una scala a intervalli. Partendo da diciassette ipotesi iniziali, tradotte in altrettante domande, ne sono state selezionate nove che danno un indice di coerenza interna elevato (α di Cronbach pari a 0,87). L’analisi fattoriale tradizionale e la modellistica strutturale confermano l’esistenza di un fattore latente. Il campione è costituito da 1957 adulti italiani di varia provenienza, sia culturale sia geografica. Le correlazioni con due scale di religiosità (I-E/R e Quest) permettono di accertarne parzialmente la validità.
Si presentano diverse dimensioni del male: metafisico, fisico, morale, psicologico, biologico e teologico. La Psicologia studia il male come realtà dell’individuo e della cultura, cercandolo, nel
conscio e nell’inconscio, nei tratti e nei fattori della personalità e nell’influenza del gruppo. La Psicologia sociale indaga il comportamento orientato al male nella prospettiva dell’errore fondamentale di attribuzione e del pregiudizio egoistico e si rifà agli esperimenti di Asch, Milgram e Zimbardo, e alle loro valutazioni più recenti. Sembrerebbe opportuno integrare l’approccio psico-sociale con la teoria dei tratti di personalità che derivano dall’interazione sociale e, forse, dai processi di evoluzione. Si conclude con le risposte parziali al problema del male a partire da prospettive psicologiche tra loro complementari.
Recenti studi evidenziano come il diffondersi della pandemia da COVID-19 e le relative misure restrittive adottate per contenerla abbiano un impatto negativo sul livello di benessere delle persone. La dimensione della religiosità è considerata una risorsa per poter fronteggiare le situazioni di emergenza. Il presente contributo intende indagare l’esistenza di differenze tra credenti, atei e agnostici in termini di adattamento alla pandemia. Un campione di 325 partecipanti (età: 18-74 anni) ha compilato strumenti per misurare: identità religiosa, benessere percepito, presenza e ricerca di significato, impatto del COVID. I risultati evidenziano nei credenti un livello più elevato di presenza/ricerca di significato, senso di connessione e comportamenti altruistici.
Nel rito religioso, la partecipazione (cioè il “prender parte”) del credente, suppone la capacità creativa e progressiva, di assimilazione e di adesione del soggetto, non meno che il radicamento nel dato biologico-socio-culturale del simbolo. Mette in gioco le dinamiche emotive interne del soggetto, la sua competenza cognitiva e la sua interazione con la cultura ambiente. La lettura psicologica deve perciò utilizzare, insieme, una prospettiva dinamica, cognitiva e sociale.
“Fede è sostanza di cose sperate/et argomento delle non parventi” dice Dante citando alla lettera San Tommaso. Mille anni prima, un altro Tommaso, che si era proposto di non credere se non in quello che vedeva e toccava, si era sentito rimproverare “Beati coloro che hanno creduto, senza aver visto” (Gv. 20, 29). Eppure il credente continua a cercare “cose”, fatti, dimostrazioni visibili e materiali per giustificare e alimentare la propria fede. Questo apre una serie di interrogativi di interesse psicologico.
Superando la deriva concettuale soggiacente all’uso confusivo della parola “mistica” individuare alcune caratteristiche della mistica autentica quale può essere considerata dal punto di vista scientifico della psicologia e, insieme dalla rispondenza ad una visione religiosa o almeno di alta spiritualità.
Sia il non credente, sia il credente, adottano, in linea di principio, una medesima prospettiva razionale nella rilettura filosofica e psicologica. Per tale prospettiva razionale, la parola “credere” ha il senso propriamente epistemologico ben definito dal fenomenologo E. Husserl: la credenza è un sapere della ragione che non è ancora una conoscenza criticamente certa di se stessa.
Quando il fedele confessa il suo peccato, o dice di essere un peccatore, che cosa, propriamente, dice? Come interpretare la parola formulata nel contesto relazionale che si instaura tra il penitente e l’altro (sacerdote, Chiesa, Dio)?
Siamo nel ritrovo milanese dei “Bambini di Dio, un movimento che é una delle espressioni di un certo revival religioso americano, spontaneistico e misticheggiante. In Europa si é diffuso attraverso i Paesi Anglosassoni, per l’azione di alcuni volonterosi, fervidi e miti missionari. Li puoi incontrare nelle vie delle più grandi città … considerano il “Se non ritornerete come bambini” come imperativo principale e costitutivo del seguace di Cristo.