L’impostazione epistemologica di Vergote viene delineata nell’articolazione di due elementi: quale religione, quale psicologia e, quindi, quale psicologia della religione. Le puntuali e ferme indicazioni di Vergote, enucleate dall’insieme delle sue opere e qui confrontate con le impostazioni di altri studiosi, attestano la profonda incidenza del Maestro sulla letteratura internazionale, europea e specificamente italiana.
La cultura contemporanea, permeata dalla secolarizzazione per un verso, dal mito della scienza e dalla logica tecnologica dall’altro, ha profondamente inciso sulla religione. Questo perché le definizioni tradizionalmente usate per dire le religioni richiamano concetti come “verità oggettiva” o “assoluto”, che incontrano non poche resistenze negli stessi credenti. Inoltre l’esaltazione della soggettività, così presente nel vissuto contemporaneo, oltre a rendere complesso il concetto stesso di appartenenza ad una determinata religione, sembra non siano più sufficienti a contenere quell’insieme di motivazioni e di atteggiamenti che motivano una ricerca di una diversa trascendenza, più riferita all’io, come ben esprime M. Buber quando afferma: “abbiamo bisogno di avere la nostra esistenza confermata dall’altro”. Nasce così all’interno della psicologia, a partire da quella fenomenologica di Jasper, sviluppandosi poi attraverso la psicologia dinamica e le psicologie umanistiche, la formulazione di “vita spirituale” per esprimere un bisogno profondamente umano, che può svilupparsi in un orizzonte sia religioso che agnostico o anche ateo. Questa nuova descrizione consente di cogliere meglio i bisogni e le trasformazioni “spirituali” dell’identità contemporanea e le relative forme di esperienza e di espressione.
Some remarks about psychology of religion meant as a specific and autonomous domain are reported. The need of defining the object of investigation (religion) in a proper way and of defending the peculiarity of the approach (psychology) against the neurobiological and sociological reductionisms is stressed. The psychologist is interested not in religion itself, but in what occurs in human mind when religion is encountered within a culture (that is, religiosity). It is argued that religion is different from spirituality, search for meaning, mindfulness and so on since it is characterised by the subjective conviction to be in relation with the Transcendent. Such a conviction is expressed in beliefs, feelings, interpersonal relationships, rituals, normative behaviours. On one hand these aspects concern individual experience and, on the other hand, they are instantiated in a specific culture, with its own institutions, symbols and language, which develop in a given spatial-temporal context. This implies that a clinical and psychodynamic perspective, beside the sociocultural one, has to be taken into account. The current success of the social psychology of religion is critically examined by considering its potentialities and limits.
Si presentano alcune considerazioni a riguardo della psicologia della religione quale settore specifico e autonomo di indagine psicologica. Si sostiene la necessità, da una parte, di definire correttamente l’oggetto di studio, la religione e, dall’altra parte, di difendere l’approccio psicologico, in quanto psicologico, dal riduzionismo neurobiologico o dall’annessionismo psico-sociologico. Ciò che interessa lo psicologo della religione non è la religione per sé, ma ciò che accade nella psiche/mente dell’uomo quando si relaziona alla religione che incontra nella propria cultura. La religione dell’individuo si distingue dalla spiritualità, dalla ricerca di significato, dalla mindfulness per la sua caratteristica peculiare: la convinzione soggettiva di essere in relazione con il Trascendente. Questa convinzione si manifesta in credenze, sentimenti, relazioni, atti cultuali, comportamenti normati. Da una parte ciò riguarda strettamente il vissuto individuale, dall’altra trova realizzazione in una cultura specifica con forme religiose istituzionali ed un linguaggio simbolico-culturale determinato sia nel tempo che nello spazio. Ciò richiede una prospettiva psicodinamica e clinica della psicologia della religione, accanto a quella socio-culturale. L’attuale successo della psicologia sociale della religione viene ripensato criticamente nelle sue opportunità e sfide.
L’intreccio religione/spiritualità pone in questione lo stesso oggetto della Psicologia della religione. Alcuni propongono di considerare la religione come meaning system, nell’intento di trovare una dimensione culture-free di ricerca di senso, che prescinda dalle religioni istituzionali. Ma per la stessa distintività della disciplina occorre definire l’oggetto religione come qualcosa di individuabile nella cultura e nella storia, con credenze, riti e pratiche che fanno riferimento al Trascendente. Oggetto della psicologia della religione dovrebbe essere l’attitudine soggettiva nella costruzione di un rapporto con la religione ambiente, non vago senso di spiritualità o di sacro, di orientamento ai valori o semplice ricerca di senso. La religione non è una domanda ma è una (non l’unica) delle possibili (cioè non necessaria) risposte al search for meaning. La domanda di senso è universale, caratteristica della psiche umana; la risposta religiosa è determinata. Ma la religione non è soltanto un sistema di significato: per il credente è una relazione personale, i cui effetti psichici sono considerati dallo psicologo a prescindere dalla questione della loro verità di contenuto.
Sono presentate alcune teorie contemporanee dell’identità psicosociale, derivate dall’interazionismo simbolico, dalla categorizzazione/prototipicità del gruppo e dalla prospettiva hegeliana della trasformazione. È anche indicata la necessità di integrare l’identità sociale con la dimensione personale dell’identità analizzata con i concetti dell’immaginario e del simbolico. Tramite la discussione di alcuni casi di costituzione dell’identità religiosa, viene illustrata la convergenza tra categorizzazione/prototipicità del gruppo e l’elaborazione del simbolico in diversi contesti religiosi-culturali.
Le ricerche sui correlati neurobiologici della religione individuale, che utilizzano strumenti sempre più raffinati e mirati, possono fornire un utile contributo alla psicologia della religione, purché si chiariscano alcune questioni metodologiche ed epistemologiche. … In particolare sembra del tutto confusivo il concetto di una “neuroteologia” e di simili costruzioni teoriche, basate sulla pretesa di una “esperienza di Dio” a livello neuronale. Secondo l’autore, strutture e processi neurali sono a-specifici (e perciò a-religiosi) e la “religiosità” di un’esperienza è data dal riferimento consapevole al trascendente da parte della persona all’interno di un determinato contesto culturale.
Può destare meraviglia ed interrogativi che un campo così universale ed essenziale per la vita dell’uomo, come quello del lavoro, studiato da una specifica Psicologia del lavoro sia così raramente confrontata con il mondo della religione e con la Psicologia della religione. Eppure è così. Se ne è avuta una prova anche al recente congresso della IAPR- Interational Association for Psychology of Religion tenutosi a Danzica in agosto 2019 che aveva per titolo, Psychology of Religion and Spirituality: New Trends and Neglected Themes. Nonostante qualche timido accenno in forma di Symposium, il tema dei rapporti psicologici tra religione e lavoro appare “negletto” tra gli psicologi della religione.
Si tratta di una questione che da diversi anni occupa una parte notevole del dibattito interno alle scienze sociali che si occupano della religione, in parte contribuendo a complicare ulteriormente la riflessione, poiché le diverse discipline (filosofia della religione, antropologia e storia delle religioni, sociologia e psicologia) attribuiscono all’idea di spiritualità una pluralità di significati non facilmente determinabile in modo univoco e comprensivo.
La psychologie de la religion est l’étude de ce qu’il y a de psychique dans la religion. Elle cherche à rendre compte des procès psychiques sous-entendus dans le “dire Dieu” de la part de l’individu et des groupes sociaux. La psychologie, science empirique, prend comme objet un phénomène concret, observable : cet homme-ci qui, dans ce contexte culturel, se mesure à cette religion-là. Comment il le fait, à travers quels processus et interactions avec l’ensemble de sa personnalité, avec quels conflits et avec quels résultats : c’est là l’objet de la psychologie de la religion. À partir de ces considérations on tâche de montrer comment la perspective psychosociale et celle clinique offrent des parcours de recherche pour déconstruire des concepts, élaborer des méthodes, proposer des techniques de recherche.