Vogliamo commemorare il venticinquesimo anno di attività della nostra Società. Un po’ per ricordare, un po’ per guardare avanti, il Direttivo della Società Italiana di Psicologia della Religione-APS si è proposto di organizzare un incontro da remoto con il titolo Psicologia della religione: il futuro in 25 anni di storia, per riflettere sul passato ma anche sul futuro della nostra disciplina
Leggiamo spesso negli scritti di psicologia della religione che la disciplina in quanto tale si occupa di studiare atteggiamenti, comportamenti, credenze, sia delle persone che affermano di aderire a una fede religiosa, sia di coloro che, pur essendo cresciuti in un contesto che li ha “educati” all’esperienza di fede, se ne sono distaccati e negano una qualsiasi forma di credenza in Dio. Nonostante queste affermazioni, è però raro trovarsi di fronte a ricerche e studi in psicologia della religione che abbiano approfondito la “fede” degli atei. Su questo argomento, è stato recentemente pubblicato sulla rivista dell’APA, Monitor on psychology, luglio/agosto 2020 (pp. 54-57), un interessante intervento dal titolo “What do you believe?”(“In cosa credi?”).
Trascrizione pressoché letterale delle confidenze di una infermiera, nei giorni drammatici dello scoppio della pandemia. Una notte si trova sola, nel reparto di terapia intensiva. Tutto è cambiato in due giorni: non più i “suoi” soliti postchirurgici cardiologici. Tutti i letti sono occupati dai malati di Covid-19. Solitudine. Morte. Solidarietà. Preghiera.
“Il libro non vuole essere soltanto una rievocazione storica; invece offre un ritorno su temi di un’attualità impressionante: sulla neutralità (esclusione e coefficiente di trascendenza), sull’importanza delle narrazioni autobiografiche, sui rapporti tra psicologia e neurobiologia, tra psicologia e statistica e tra psicologia e psicoanalisi.”
Nel 1910 venne pubblicato un volume dal titolo Psicologia religiosa che traduceva in italiano, e riuniva in un unica opera, tre saggi di Théodore Flournoy già pubblicati, in francese, tra il 1902 e il 1904. Presentazione dell’edizione italiana e della prima parte “I Principi della Psicologia religiosa”
Corrispondenza tra un Editor (direttore) ed un Reviewer (recensore) di una delle più autorevoli riviste di psicologia della religione. Attenzione: Discorsi sul metodo.
Questo contributo mira a presentare la mia concezione della psicologia della religione. Sono ben consapevole che la mia visione è parziale e non indiscutibile. Avendo letto con attenzione numerosi studi in questo campo in diverse lingue, sono convinto che un compito decisivo è quello di delimitare i confini, decostruire le modalità di approccio tradizionali e definire chiaramente l’ambito di competenze e il fine della psicologia della religione. Nel corso degli anni, il mio tentativo è stato quello di individuare i principi fondamentali della psicologia della religione e, al tempo stesso, verificarli nella ricerca empirica.”
Relazioni: La psicologia della religione tra malattia e cura; La spiritualità nella cura; Prendersi cura e prendere in cura. Quale continuità?; La ricerca clinica sui bisogni religiosi e spirituali dei pazienti oncologici.
Gli studiosi di Psicologia della religione utilizzano differenti prospettive disciplinari e metodologiche per studiare vari temi, come la spiritualità vissuta, le diverse fedi religiose, la salute e il benessere. Sfide come la globalizzazione, i cambiamenti climatici e le diverse strutture politiche rendono molti di questi argomenti sempre più complessi. La PdR richiede nuovi orizzonti per affrontarli: nuovi strumenti metodologici, approfondimenti teorici, collaborazioni e una reinterpretazione critica. Questa conferenza riunirà esperti che, grazie al loro approccio metodologico unico o per la loro formazione interdisciplinare, possono offrire nuove prospettive alla PdR per affrontare, con modi nuovi, le sfide odierne.
«La psicoanalisi in se stessa non è né religiosa né irreligiosa, bensì uno strumento imparziale, di cui può servirsi sia il religioso che il laico, purché venga usato unicamente per liberare l’uomo dalle sofferenze. Sono rimasto molto colpito nel rendermi conto che non avevo pensato all’aiuto straordinario che il metodo psicoanalitico può fornire alla cura delle anime, ma questo è certo successo perché un malvagio eretico come me è troppo lontano da questa sfera di idee» (Carteggio col Pastore Pfister).