La “varietà” dell’esperienza religiosa si estrinseca anche nell’offerta di sistemi di significato, che hanno un particolare valore nelle situazioni di disagio e di discrepanza tra quello che è atteso-desiderato-contemplato-pensato e ciò che può improvvisamente sconvolgere piani esistenziali e progetti di vita. Operando mediante i percorsi della “conservazione” o della “trasformazione”, le religioni consentono di affrontare l’idea della morte, assieme al carico cognitivo-emotivo che essa porta con sé sia “prima”, garantendo ancoraggi utili a fronteggiare il “terrore della morte”, sia “dopo”, mediante processi che, durante le varie fasi di valutazione dell’evento luttuoso, cercano (non sempre con successo) di garantirne un benefico inquadramento nelle cornici di significato preesistenti.
Questo contributo illustra il modello multidisciplinare e integrato di conversione, elaborato da Rambo e coll., per comprendere il processo attraverso il quale le persone cambiano religione. l’idea alla base di questo contributo è che la conversione è un processo di trasformazione religiosa che si realizza in un campo di forze dinamico nel quale sono coinvolte persone, istituzioni, eventi, idee e esperienze. Lo studio della conversione deve tenere conto non solo della dimensione personale, ma anche delle dinamiche sociali e culturali che influenzano la persona.
L’opera di Ana-María Rizzuto è di rilievo decisivo per la psicologia della religione, sia per i risultati raggiunti che per la metodologia proposta: è un punto di svolta del contributo della psicoanalisi a una migliore comprensione dell’atteggiamento non solo del credente, ma anche del non credente. Tra i risultati principali offerti dalla Rizzuto, vengono sottolineate sia l’evidenziazione dei tratti inconsci della rappresentazione mentale, inclusa la rappresentazione di Dio, sia l’indicazione delle relazioni tra la rappresentazione di Dio principalmente inconscia o pre-conscia e l’atteggiamento personale verso Dio. Questo articolo si propone di illustrare alcuni minori punti critici, riferiti al concetto di ‘rappresentazione inconscia di Dio’ e propone una via percorribile per evitare le ambiguità della formulazione.
La categoria di fondamentalismo è socialmente costruita e politicamente negoziata, con significati che poco hanno a che vedere con quelli originari riferiti al protestantesimo. A proposito di Islam, per cui l’uso della categoria “fondamentalismo” è relativamente recente, occorre risalire a due diverse reazioni alla crisi culturale e politica seguita alle sconfitte militari dal XVII al XIX secolo: una “modernista”, per cui l’Islam aveva perso perché era rimasto indietro rispetto all’Occidente, e una “tradizionalista”, che attribuiva invece le sconfitte a un’eccessiva occidentalizzazione che si era allontanata dalla semplice fede dei padri. Nell’ambito della corrente tradizionalista, si sviluppano nel XX secolo prima il fondamentalismo, che è un progetto politico, e poi l’ultra-fondamentalismo, che si serve del terrorismo per perseguire i suoi scopi.
Questo articolo descrive la costruzione di un questionario che ha lo scopo di misurare la religiosità cattolica con il Metodo dei punteggi ottimali, basata sulla quantificazione di variabili nominali (conosciuta anche come Analisi delle corrispondenze) e fornire un punteggio su una scala a intervalli. Partendo da diciassette ipotesi iniziali, tradotte in altrettante domande, ne sono state selezionate nove che danno un indice di coerenza interna elevato (α di Cronbach pari a 0,87). L’analisi fattoriale tradizionale e la modellistica strutturale confermano l’esistenza di un fattore latente. Il campione è costituito da 1957 adulti italiani di varia provenienza, sia culturale sia geografica. Le correlazioni con due scale di religiosità (I-E/R e Quest) permettono di accertarne parzialmente la validità.
I simboli religiosi possono essere investiti della conflittualità psichica che caratterizza l’esperienza umana. Anche la psicosi è un’esperienza umana, che si caratterizza per la lacerazione del senso di sé e la perdita del senso di realtà. Il delirio è un esito adattativo e identitario finalizzato a suturare queste profonde lacerazioni, dove talora i simboli religiosi e l’idea della trascendenza trovano un’espressione intercettando il conflitto psichico tra fusione e scissione che contraddistingue l’angoscia psicotica.
L’esercizio della psicoterapia nell’ambito dell’etnopsichiatria impegna lo psicologo ad un costante confronto con aspetti simbolico-culturali e religiosi che non gli sono familiari, sfidando lo statuto culturale della psicologia e della pratica psicoterapeutica. L’emergere di contenuti religiosi nel corso della psicoterapia con migranti di fede islamica porta ad aprire una riflessione non solo sull’uso e sul significato che essi hanno nella dinamica intrapsichica del paziente ma anche sull’influenza delle variabili culturali nella costruzione di diversi statuti di realtà e di individuo.
L’intreccio religione/spiritualità pone in questione lo stesso oggetto della Psicologia della religione. Alcuni propongono di considerare la religione come meaning system, nell’intento di trovare una dimensione culture-free di ricerca di senso, che prescinda dalle religioni istituzionali. Ma per la stessa distintività della disciplina occorre definire l’oggetto religione come qualcosa di individuabile nella cultura e nella storia, con credenze, riti e pratiche che fanno riferimento al Trascendente. Oggetto della psicologia della religione dovrebbe essere l’attitudine soggettiva nella costruzione di un rapporto con la religione ambiente, non vago senso di spiritualità o di sacro, di orientamento ai valori o semplice ricerca di senso. La religione non è una domanda ma è una (non l’unica) delle possibili (cioè non necessaria) risposte al search for meaning. La domanda di senso è universale, caratteristica della psiche umana; la risposta religiosa è determinata. Ma la religione non è soltanto un sistema di significato: per il credente è una relazione personale, i cui effetti psichici sono considerati dallo psicologo a prescindere dalla questione della loro verità di contenuto.
Si presentano diverse dimensioni del male: metafisico, fisico, morale, psicologico, biologico e teologico. La Psicologia studia il male come realtà dell’individuo e della cultura, cercandolo, nel
conscio e nell’inconscio, nei tratti e nei fattori della personalità e nell’influenza del gruppo. La Psicologia sociale indaga il comportamento orientato al male nella prospettiva dell’errore fondamentale di attribuzione e del pregiudizio egoistico e si rifà agli esperimenti di Asch, Milgram e Zimbardo, e alle loro valutazioni più recenti. Sembrerebbe opportuno integrare l’approccio psico-sociale con la teoria dei tratti di personalità che derivano dall’interazione sociale e, forse, dai processi di evoluzione. Si conclude con le risposte parziali al problema del male a partire da prospettive psicologiche tra loro complementari.
L’incerta fede è una pubblicazione del 2020 frutto di una imponente ricerca sociologica che Roberto Cipriani ha svolto a partire dal 2017. L’indagine sociologica si colloca all’interno degli studi di sociologia della religione, contribuendo in modo significativo al tentativo di rilevare e comprendere gli atteggiamenti individuali e collettivi in merito al credere religioso nell’attuale contesto italiano. A questa ricerca hanno offerto un contributo anche il sociologo Franco Garelli, per la parte quantitativa della ricerca, e Gianni Losito, con una nota metodologica. La prefazione è di Enzo Pace.