Nell’insieme delle ricerche sperimentali sulla religiosità, una parte rilevante è occupata dalle indagini sulla concezione di Dio. Si assume infatti che l’osservazione dell’insieme di caratteristiche intellettive, emotive-affettive, sociali, che confluiscono nella costruzione dell'”idea” di Dio possa delineare pressoché compiutamente l’atteggiamento religioso delle persone. Quanto alla concezione di Dio nel periodo dell’adolescenza, una delle caratteristiche più comunemente indicate dai ricercatori è la sua grande variabilità: si parla di soggettivizzazione, frammentazione, di interiorizzazione, di egomorfismo. La ricerca ha coinvolto 608 studenti delle scuole superiori di una città del Nord italia utilizzando un questionario di conoscenze religiose e un test di associazione verbale.
Il lavoro, presentato come una ricerca interrogante e partecipe intorno al mistero “uomo” e al suo rapporto con il mistero “Dio”, si colloca in continuità con l’interesse costante mostrato dall’autore per la prospettiva dell’antropologia teologica, … Il titolo esprime chiaramente la divisione in due parti del volume e preannuncia la tesi di una distinzione tra la conoscenza sull’apertura dell’uomo al divino, possibile all’antropologia filosofica, e la riflessione sull’esperienza della fede cristiana, che è basata sull’autorivelazione di Dio.”
Le ricerche sui correlati neurobiologici della religione individuale, che utilizzano strumenti sempre più raffinati e mirati, possono fornire un utile contributo alla psicologia della religione, purché si chiariscano alcune questioni metodologiche ed epistemologiche. … In particolare sembra del tutto confusivo il concetto di una “neuroteologia” e di simili costruzioni teoriche, basate sulla pretesa di una “esperienza di Dio” a livello neuronale. Secondo l’autore, strutture e processi neurali sono a-specifici (e perciò a-religiosi) e la “religiosità” di un’esperienza è data dal riferimento consapevole al trascendente da parte della persona all’interno di un determinato contesto culturale.
A Donald Wood Winnicott piaceva insegnare dialogando, che si trattasse di allievi delle scuole per infermieri o dei colleghi della Società Psicoanalitica Britannica. Perché per lui insegnare era un’occasione per approfondire, ma anche per chiarire a se stesso, mentre cercava di render chiaro per gli altri. Come a lezione con gli allievi, così nelle sedute coi pazienti o nel disegnare scarabocchi con un bambino, l’atteggiamento di Winnicott era quello di chi vuole veramente, semplicemente, imparare. Ogni incontro diventava così uno “spazio potenziale” dove coniugare l’apprendimento e la creatività. E il gioco. Il gioco non serve solo a comunicare, serve a. . . giocare.
L’International Journal for the Psychology of Religion (IJPR), pubblicato dal 1991, è dedicato agli studi psicologici dei processi e dei fenomeni religiosi di tutte le tradizioni religiose. Presenta articoli che coprono una varietà di argomenti, rapporti di ricerca, commenti su questioni di rilevante attualità e recensioni di libri.
Vogliamo commemorare il venticinquesimo anno di attività della nostra Società. Un po’ per ricordare, un po’ per guardare avanti, il Direttivo della Società Italiana di Psicologia della Religione-APS si è proposto di organizzare un incontro da remoto con il titolo Psicologia della religione: il futuro in 25 anni di storia, per riflettere sul passato ma anche sul futuro della nostra disciplina
Leggiamo spesso negli scritti di psicologia della religione che la disciplina in quanto tale si occupa di studiare atteggiamenti, comportamenti, credenze, sia delle persone che affermano di aderire a una fede religiosa, sia di coloro che, pur essendo cresciuti in un contesto che li ha “educati” all’esperienza di fede, se ne sono distaccati e negano una qualsiasi forma di credenza in Dio. Nonostante queste affermazioni, è però raro trovarsi di fronte a ricerche e studi in psicologia della religione che abbiano approfondito la “fede” degli atei. Su questo argomento, è stato recentemente pubblicato sulla rivista dell’APA, Monitor on psychology, luglio/agosto 2020 (pp. 54-57), un interessante intervento dal titolo “What do you believe?”(“In cosa credi?”).
Trascrizione pressoché letterale delle confidenze di una infermiera, nei giorni drammatici dello scoppio della pandemia. Una notte si trova sola, nel reparto di terapia intensiva. Tutto è cambiato in due giorni: non più i “suoi” soliti postchirurgici cardiologici. Tutti i letti sono occupati dai malati di Covid-19. Solitudine. Morte. Solidarietà. Preghiera.
“Il libro non vuole essere soltanto una rievocazione storica; invece offre un ritorno su temi di un’attualità impressionante: sulla neutralità (esclusione e coefficiente di trascendenza), sull’importanza delle narrazioni autobiografiche, sui rapporti tra psicologia e neurobiologia, tra psicologia e statistica e tra psicologia e psicoanalisi.”
Nel 1910 venne pubblicato un volume dal titolo Psicologia religiosa che traduceva in italiano, e riuniva in un unica opera, tre saggi di Théodore Flournoy già pubblicati, in francese, tra il 1902 e il 1904. Presentazione dell’edizione italiana e della prima parte “I Principi della Psicologia religiosa”