Orientamenti Bibliografici n. 9, 1993
Recensione, a cura di Mario Aletti, della voce “Psicologia della Religione” su Orientamenti Bibliografici n. 9, 1993
La polemica sui rapporti tra psicoanalisi e religione, accesasi di breve fiammata nel settembre del 1992 sui quotidiani italiani a seguito di un intervento di P. Giuseppe De Rosa su «La civiltà cattolica», (n. 3413, pp.426-432) ha visto un succedersi di prese di posizione umorali, piuttosto che interventi meditati e di rilevanza scientifica. Si è trattato di una polemica post-ferragostana, montata ad uso di giornali a corto di notizie, che sembrava riportarci indietro di qualche decennio (e non a caso la generazione più giovane di psicoanalisti e di teologi se n’è tenuta al di fuori). Un effetto positivo, indiretto e non voluto, della polemica, è stato però quello di risvegliare, anche tra i non specialisti, l’attenzione Iper tematiche, quella dei rapporti tra psicoanalisi e religione e quella delle componenti psicologiche della religiosità, che da alcuni anni sono ormai frequentate ad un ben più alto livello di competenza e di serietà.
In effetti, la psicologia della religione è ormai ben delineata come disciplina specifica di studio e sta ottenendo, anche in Italia, riconoscimento e spazi negli ambienti accademici, e non più solo nelle facoltà ecclesiastiche, ma anche in quelle statali. Recentemente, la più prestigiosa rivista internazionale del settore ha dato ampio spazio ad un articolo che faceva il punto sulla situazione della psicologia della religione in Italia, illustrandone la storia, le tematiche e le prospettive: M. Aletti, Psychology of Religion in Italy, “The International Journal for the Psychology of Religion”, 2 (1992) 171-189.
Un altro importante segnale è dato dalla rivista (pubblicata dall’AUPI – Associazione Unitaria degli Psicologi Italiani, Editrice Fuori Thema di Bologna) «Psychologos. International Review of Psychology», che ha dedicato tutte le 120 pagine del n. 4, aprile 1992 al tema “Psicologia e religione…” La pluralità di voci degli Autori, la varietà degli approcci psicologici e l’attenzione alle diverse religioni (Cristianesimo, Giudaismo, Induismo. Buddhismo) fanno di questo numero monografico, diffuso in circa seimila copie, un evento significativo per la psicologia della religione in Italia.
Nell’ambito della ricerca specialistica, molto attiva è la Divisione scientifico-professionale “Psicologia e religione” della SIPs (Società Italiana di Psicologia), che realizza annualmente un convegno, pubblicandone gli Atti, tra i quali particolarmente interessanti per l’attenzione ed il rispetto con cui esplorano la complessa dinamica dei rapporti tra psicoanalisi, psicoterapia e religione risultano i volumi:
L. Ancona (Ed.), Psicoanalisi, bisessualità e sacro, Teda, 1991, pp. 130;
SIPs -Società italiana di psicologia (Ed.), La religione in clinica psicologica, Proing, 1991, pp. 102;
SIPs – Societa’ italiana di psicologia (Ed.), Theos e atheos in psicoterapia, Proing, 1992, pp. 222.
Da tempo si sentiva il bisogno, in Italia, di un nuovo manuale di psicologia della religione, che costituisse un testo di base per gli studenti ed una introduzione chiara e stimolante per il lettore non specialista. A queste esigenze risponde egregiamente il volume di E. Fizzotti, Verso una psicologia della religione 1. Problemi e prospettive, EDC, 1992, pp. 268. Si tratta di una trattazione organica e ben strutturata che fa il punto della situazione di questa disciplina, indicando anche piste di approfondimento. Il titolo manifesta l’intento di introdurre il lettore ad uno studio psicologico della religione che sia correttamente fondato a livello epistemologico. Questo, che è il primo dei due volumi previsti, parte da un inquadramento dell’oggetto specifico della psicologia della religione, dei suoi ambiti e dei suoi limiti. L’impostazione seguita dal Fizzotti, equidistante da riduzionismi psicologistici e da confessionalismi apologistici, è basata sulla convinzione che il vissuto religioso, in quanto fenomeno psicologico, può essere studiato con categorie meramente psicologiche, al pari di ogni altro vissuto. La maggior parte del volume è costituita da una presentazione storico-critica del pensiero di alcuni grandi protagonisti della storia della psicologia che si sono interessati al fenomeno religioso: Freud, Jung, Fromm, James, Maslow, Allport e Frankl. A ciascuno di questi autori è dedicato un capitolo che colloca la loro riflessione sulla religione entro le coordinate della teoria psicologica di riferimento, presentata in maniera essenziale ma corretta, e ne propone una valutazione critica.
Un’altra trattazione di impianto manualistico è quella appena pubblicata da M. Aletti, Psicologia, psicoanalisi e religione. Studi e ricerche, EDB, 1992, pp. 214. La trattazione si articola in tre parti. La prima intende delineare l’ambito epistemologico della psicologia della religione. Il rapporto tra psicologia, psicoanalisi e religione viene esaminato a livello delle problematiche teoriche e poi seguito nel suo strutturarsi lungo il corso della complessa storia della psicologia italiana. La seconda parte si rifà esplicitamente alla psicoanalisi freudiana e rilegge criticamente il discorso di Freud sulla religione e sulla morale, per superarne alcune aporie, muovendo dall’interno della pratica e della riflessione psicoanalitica. La terza parte presenta i risultati di una serie di ricerche empiriche sulla religiosità in età evolutiva: nel bambino, nel preadolescente, nell’adolescente e in una categoria affatto particolare di adolescenti e giovani: i seminaristi. Gli studi e le ricerche presentate nel volume coprono diversi ambiti d’indagine della psicologia della religione e, per ognuno di essi, offrono agli studiosi e agli studenti un’impostazione del problema, un’inquadratura dello stato di ricerca, alcune piste di approfondimento e strumenti di lavoro: tra questi una accurata bibliografia internazionale.
Anche se rivolto ad un lettore con buone conoscenze di psicoanalisi, ha destato molto interesse, per la notorietà dell’autore, Didatta, e cioè maestro riconosciuto, della Società. Psicoanalitica Italiana, il volume di G. Fossi, Miti, religione e psicoanalisi. Una nuova proposta psicodinamica, F. Angeli, 1990, pp. 238. Fossi muove da un’ampia e vigorosa recensione critica delle teorie sulla genesi dei miti e delle religioni, per poi concentrare la sua attenzione sul complesso intreccio di rapporti tra miti e psicoanalisi. Per quanto riguarda specificamente l’approccio alla religione, gli assunti di base e lo scenario metafisico e antropologico dell’autore sono certamente molto discutibili; ma una delle possibili utilizzazioni di queste letture è proprio quella di coglierla come una provocazione alla coscienza credente. Sull’esempio dell’autore stesso che, affermato psicoanalista, accetta di mettere in gioco le proprie convinzioni e le proprie appartenenze e di prendere le distanze da tanti precedenti discorsi “psicoanalitici” sulla religione. Infatti, l’ancoraggio delle riflessioni teoriche alla concreta pratica psicoanalitica, la diffidenza verso la psicoanalisi “applicata”, il rifiuto di considerare la psicoanalisi come uno strumento onniestensivo, applicabile ad ogni campo del sapere umano e della cultura, che caratterizzano tutte le opere di Fossi, convergono qui nel rigore epistemologico con cui egli delimita l’ambito di competenza e i limiti dell’indagine psicoanalitica sulla religiosità. Nell’ottica della psicoanalisi, la religione è un vissuto psichico del soggetto: “Non siamo quindi competenti su come e perché si è sviluppato il sentimento religioso nell’umanità in genere e nei millenni passati, ma possiamo cogliere solo alcuni aspetti della religiosità della persona che si sdraia sul lettino” (pag. 206).
Quanto le opzioni personali e il quadro di riferimento valoriale orientino e condizionino non solo i percorsi e le tappe dello studio, ma persino la definizione dell’oggetto di indagine appare immediatamente dall’accostamento tra l’impianto dell’opera appena presentata con quella di A. Bonecchi, Psicologia e Buddhismo, Tranchida, 1992, pp. 128, che fin dall’inizio manifesta un’ottica ed una impostazione molto diverse. Il volume presenta i frutti di un originale percorso esistenziale e professionale, sostenuto dalla “sensazione che il lavoro psicologico possa proseguire in un lavoro spirituale, che non lo sostituisce, ma ne diviene la logica conseguenza” (pag. 14). Il Buddhismo è da Bonecchi letto, più che come una religione, come una sottile psicologia, che ha saputo amalgamare lo studio di corpo, mente e spirito. D’altra parte, Psicologia e Buddhismo non adombra un ibrido scientifico, e in questo si distanzia nettamente da operazioni confusive fatte da altri autori in questi anni. La congiunzione “e” del titolo intende indicare le vicinanze, le continuità, le intersezioni dei territori esplorati rispettivamente dalla psicologia e dal buddhismo che, almeno in quanto modalità di approccio alla sofferenza, finirebbero per incontrarsi, non per confusione epistemologica e metodologica, ma per una sorta di convergenza teleologica.
Ad un livello più divulgativo ed applicativo si collocano opere che hanno come destinatari privilegiati educatori, insegnanti e catechisti e che si basano sui risultati di ricerche sulla religiosità in età evolutiva. D. Heller, Il Dio dei bambini. Indagine scientifica sull’idea di Dio in bambini di diverse religioni, (Questi nostri bambini), LDC, 1991, pp. 168. Presenta i risultati di un sondaggio tra bambini di diverse appartenenze religiose ed evidenzia la spontaneità del vissuto religioso infantile, illustrando aspetti interessanti e trascurati del mondo fantastico del bambino. Nella stessa collana è appena stato pubblicato M. Aletti, La religiosità del bambino. Approccio psicopedagogico per insegnanti di religione e catechisti, (Questi nostri bambini), LDC, 1993, pp. 112, che si articola in una serie di capitoletti sulle principali caratteristiche della religiosità del bambino osservate all’interno delle esperienze significative del mondo infantile. Più simile, (ed anche più farraginoso), al libro di Heller è l’ altro volume sui bambini di R. Coles, La vita spirituale dei bambini, Rizzoli, 1992, pp. 392, che riporta le impressioni dell’autore su bambini di diverse religioni ed etnia. Che dirne? Forse solo che ci risultano incomprensibili le ragioni per cui l’editore si sia impegnato in questa traduzione e pubblicazione, della cui mancanza nessuno avrebbe sofferto. (M. Aletti)