Punti, spunti … punzecchiature!
Attenzione: Lavori in corso.
Corrispondenza, nel mese di ottobre 2022 tra un Editor (direttore) ed un Reviewer (recensore) di una delle più autorevoli riviste di psicologia della religione.
Reviewer: Lo scivolamento del concetto ben definito di religione in un vago senso di spiritualità è fenomeno di moda condiviso dalla sociologia della religione, ma non è presente, ad esempio, nella filosofia, teologia e nella pedagogia. Alcuni motivi risiedono nella cultura secolarizzata dominante nei paesi occidentali, che si ripercuote anche tra i ricercatori accademici: desiderabilità sociale, tendenza ad essere alla moda e al passo con le ultime tendenze, e soprattutto, pressioni degli editori (sia generali che scientifici). Inoltre, i giovani psicologi, pressati da urgenze di carriera e scadenze di pubblicazioni, tendono ad adeguarsi alle richieste dell’ambiente accademico spesso guidato da Editori (cfr. Scopus, Academy, I.F., DOI). Ciò induce i ricercatori a fare studi frettolosi su un campionamento “a valanga” spesso condotti online tramite sondaggi self-report. Molti trovano più facile interrogare il campione su un campo vasto e generico come quello della “spiritualità” piuttosto che su una vera e propria “religione vissuta” che richiederebbe un’osservazione partecipante.
Editor: Hai assolutamente ragione sulla pressione editoriale. Sono stato recentemente avvicinato da un autorevole studioso che mi chiedeva di scrivere un capitolo per un suo libro. Mi ha detto: “Vogliamo un capitolo proprio come lo hai scritto per X (un libro precedente a capitoli)”. Ho obiettato che, allora, un capitolo così lo avevo già scritto. “Scrivi esattamente le stesse cose, solo in un ordine diverso e andrà tutto bene”. In un altro incontro, un autore molto citato consigliava a un gruppo di studenti “Pubblicate tutto quello che potete, su qualsiasi tipo di riviste possibile, senza guardare alla qualità”. Ora, abbiamo riviste pubblicate solo online molto discutibili, che attirano studiosi con la promessa di una facile pubblicazione, appoggiata su recensioni monosillabiche. È sempre più difficile mantenere una linea di qualità. (M. Aletti)
Attenzione: Discorsi sul metodo.
La psicologia della religione in quanto branca della psicologia utilizza i paradigmi modelli e metodi della psicologia in generale. Fondamentale è perciò indagare 1) quanto quei principi della psicologia siano validi per sé e 2) se quei principi siano applicabili alla religiosità. La psicologia della religione può smarrirsi 1) per l’utilizzo di una psicologia non valida, o 2) per l’utilizzo di una psicologia valida per sé che, tuttavia, non è idonea ad indagare lo specifico fenomeno religioso. Ne traiamo stimoli di riflessione metodologica, per esempio per l’applicazione della teoria dell’attaccamento alla religiosità, o la riduzione del misticismo a “stato alterato di coscienza” (James), o dell’esperienza religiosa a sottoprodotto dell’attività cerebrale, ‘evidenziata’ dalla RMF.
Vale anche per l’uso della definizione di “religiosità matura”, che è strettamente legata al concetto di maturità personale e, sullo sfondo, a scelte ideologiche. Per esempio, una religiosità è matura perché si è “liberata” dall’ortodossia e dall’istituzione verso una più aperta “spiritualità”. Oppure è matura proprio in quanto salda nelle proprie convinzioni ortodosse che forniscono una base sicura al proprio orientamento nella vita, lontano da una insoluta ricerca continua di valori fondanti? Il dubbio religioso è segno di maturità o di immaturità religiosa? Il nomadismo spirituale è fonte di benessere, o segno del malessere psichico? [Ringraziare Cartesio che, con Le Discours de la méthode ci insegnato come bien conduire sa raison, et chercher la vérité dans les sciences: chiarezza e distinzione]. (M. Aletti)