Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia (Melloni)
A. Melloni (ed.), Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, Il Mulino, Bologna 2014, pp. 512.
Presentato come “la prima pubblicazione di un progetto di più ampio respiro” il “rapporto” che raccoglie i saggi di ben 31 autori, ambisce non solo a rendere conto dell’“assenza del religioso dal panorama sociale ed educativo” ma ad incidere sul dibattito pubblico e politico e sulle determinazioni scolastico-didattiche. Secondo il curatore, docente di Storia del Cristianesimo, l’attuale “analfabetismo religioso” inteso come “l’accettata mancanza di strumenti di conoscenza di una esperienza di fede, i testi sacri che la fondano, le sue pratiche culturali, le norme interne ed esterne, i dinamismi storici che la percorrono e la modificano” non viene da un dato sociologico dell’oggi, ma dalla storia d’Italia (p. 5). In realtà i sei saggi ‘fondativi’ raccolti come Premesse nella prima sezione del volume privilegiano la prospettiva sociologica, ricercando le interconnessioni dell’analfabetismo religioso con l’organizzazione complessiva della società (Silvio Ferrari), denunciandone i costi sociali (Paolo Naso) prospettando dinamiche e processi della socializzazione religiosa (Roberto Cipriani) in un’Italia cattolica oggi interpellata dall’inatteso irrompere del pluralismo religioso (Enzo Pace). La prospettiva sociologica viene integrata da quella educativo-scolastica, allargata al più vasto contesto internazionale (Francesca Cadeddu) ed in particolare europeo (Flavio Pajer). Seguono altre quattro sezioni i cui titoli, se servono ad una scansione del ponderoso volume, non nascondono però la giustapposizione di contributi troppo diversi per temi, interessi, angolazioni. La seconda parte prospetta Scenari e rassegne su determinazioni, pratiche e specifici campi di intervento della situazione italiana passata (in prospettiva prevalentemente storico-giuridica) e presente (con riferimento all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole di Stato e in quelle paritarie). Il titolo Esperienze e affanni introduce poi a riflessioni, percorsi e tentativi effettuati sulle questioni della libertà religiosa, dell’insegnamento della teologia nelle università, dei problemi con l’Islam nelle scuole: contenuti che riecheggiano e trovano una loro sistemazione nel rilevante contributo di Luciano Pazzaglia sui tentativi di riforma dell’ora di religione in Italia. La sezione Strumenti per curare l’analfabetismo risponde solo parzialmente alle attese suscitate dal titolo, mettendo a tema la questione dell’insegnamento scolastico della religione nel rispetto delle minoranze e interrogandosi su modalità ed effetti dell’utilizzo di internet. L’ultima parte, Mappe, propone una ricognizione sui difficili (e controversi) numeri sulla/e religione/i e sulle misure dell’analfabetismo religioso in Italia, nonché sull’andamento delle scelte di adesione o di esonero dall’insegnamento di religione nelle scuole, e ripercorre le dinamiche degli insegnamenti universitari di ‘scienze della religione’. Il risultato complessivo viene a conferma delle scarse conoscenze religiose circa contenuti dottrinali, articolazioni organizzative e manifestazioni rituali della religione istituzionale. I dati pubblicati, che hanno incontrato l’effimero sensazionalismo mass-mediatico sull’ignoranza dei cattolici italiani, appaiono comunque bisognosi di ulteriori approfondimenti interpretativi e stimolano interrogativi sulla pertinenza dello stesso concetto di analfabetismo religioso. Ci si può domandare, per esempio, se l’analfabetismo religioso sia riducibile agli aspetti cognitivi delle conoscenze della/sulla religione o non sia da collegarsi a una più profonda disaffezione nei confronti della religione e se l’ignoranza religiosa non rimandi ad un ‘analfabetismo’ dell’esperienza (religiosa), del senso del sacro, del significato della religione come risposta ad interrogativi esistenziali profondi e del suo contribuito alla strutturazione della persona. Il grande lavoro di collazione di dati e osservazioni pubblicato in questo primo “rapporto” guadagnerebbe in chiarezza e incisività dal riferimento a un’antropologia filosofica e teologica e a una teoria psicologica della personalità che evidenzino la centralità del confronto con il fenomeno religioso (a prescindere dall’esito delle scelte individuali, di adesione o di rifiuto). Allora la questione dell’analfabetismo religioso rimanderebbe alle motivazioni antropologiche e personali che sostengono il bisogno di conoscenza religiosa nell’uomo, nel credente, negli studenti e nella programmazione scolastica e, conseguentemente, potrebbe suggerire possibili percorsi formativi di motivazione e di stimolo della persona degli studenti e dei loro educatori. Una simile attenzione potrebbe opportunamente integrare le osservazioni (e magari puntualizzare la critica) sull’analfabetismo religioso, non meno che arricchire la proposta di una nuova alfabetizzazione. Ma, forse, l’impostazione epistemologica e metodologica sottesa a questa, pur interessante, raccolta e la stessa scelta di temi e collaboratori risentono di una consolidata tendenza culturale a privilegiare l’approccio storico e sociologico; tendenza che, nel mondo accademico italiano, si è spesso ricondotta ad esaurire le ‘scienze della religione’ nella storia delle religioni. Mentre indagine psicologica e riflessione teologica sembrano condizioni imprescindibili, ciascuna per quanto le compete, per avviare il superamento della “mancanza di strumenti di conoscenza di un’esperienza di fede”, perché l’esperienza suppone un soggetto che la vive attraverso i registri del suo singolare psichismo e la fede implica un confronto con la proposta trasmessa nella comunità dei credenti e nelle forme pubbliche della vita religiosa. (M. Aletti)