Orientamenti Bibliografici n. 21, 2001
Recensione, a cura di Mario Aletti, della voce “Psicologia della Religione” su Orientamenti Bibliografici n. 21, 2001, Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Milano
L’ambito delle pubblicazioni di psicologia della religione conosce, finalmente anche in Italia, un periodo estremamente interessante e vivace, con un allargamento delle tematiche ed un approfondimento dello spessore dei contributi, che trova positivi riscontri anche nell’interesse dei lettori. L’attuale psicologia della religione, individuando un proprio ambito epistemologico, ugualmente distante dal riduzionismo psicologistico e da tendenze pseudo-apologetiche, si è affermata come quel ramo della scienza psicologica che studia, con metodi e strumenti psicologici, ciò che di psichico vi è nella religione: strutture, fattori, dinamismi, processi e conflitti psichici, consci ed inconsci, attraverso i quali l’uomo giunge ad un atteggiamento personale verso la religione (non solo nel senso dell’adesione di fede, ma anche, eventualmente, della negazione e del rifiuto).
A questa impostazione, rigorosa nella delimitazione dell’oggetto di studio, ma aperta a tutti i modelli metodologici della psicologia e della psicoanalisi si attiene una nuova importante “Collana di psicologia della religione”, recentemente aperta dal Centro Scientifico Editore di Torino. Si tratta di un’operazione culturale ed editoriale opportuna e coraggiosa, che ha in Italia un solo precedente, quello della “Biblioteca di studi psicoreligiosi” edita negli anni ’60, da Borla. Nella collana sono, ad oggi, usciti cinque volumi:
M. Aletti – G. Rossi (a cura). Ricerca di sé e trascendenza. Approcci psicologici all’identità religiosa in una società pluralista, Centro Scientifico Editore, Torino 1999, pp. VIII + 433. Il volume pubblica gli atti del VII Convegno della Società Italiana di Psicologia della Religione che, muovendo dalla constatazione della pluralità ed evoluzione delle forme del religioso nell’attuale contesto sociale e culturale, ha focalizzato l’attenzione sugli aspetti psicologici della costruzione (e/o della destrutturazione) dell’identità religiosa in un mondo interetnico e multiculturale. Di fronte alla multiforme e rinnovata ‘domanda di religione’ dell’uomo contemporaneo, gli psicologi si sono interrogati su motivazioni, dinamiche e processi psichici che sottostanno a questa richiesta, sulle valenze e significati psicologici delle risposte e sulla loro efficacia ai fini della strutturazione e/o ristrutturazione della personalità dei singoli soggetti. Aperto dal testo di una lectio magistralis di Antoine Vergote su struttura, percorsi, conflitti e patologie dell’identità religiosa, il volume presenta poi oltre quaranta interventi, articolati in quattro parti, incentrate sulla psicodinamica dell’identità religiosa, sull’interazione tra religiosità, fattori di personalità e maturazione personale, sulle risposte al bisogno di identità e di religione promesse e/o offerte oggi, in un mondo pluralistico ed interculturale (dalle religioni storiche e dai nuovi movimenti), sulla trasmissione e l’educazione ai valori religiosi in una società pluralistica. L’insieme, grazie anche alla molteplicità degli approcci psicologici utilizzati, da quello clinico e psicoterapeutico, a quelli di psicologia sociale, di psicologia evolutiva e di psicopedagogia, risulta di estrema fruibilità per un pubblico colto ed interessato, anche se privo di preparazione specialistica. Un ulteriore, ma importantissimo pregio del volume è la presentazione di una completa “Bibliografia italiana di psicologia della religione” che si estende per oltre venti pagine, fornendo uno strumento destinato a diventare imprescindibile per gli studiosi e per gli studenti.
M. Palmer, Freud, Jung e la religione, Centro Scientifico Editore, Torino 2000, pp. XXII + 285. È opinione comune che, nella storia della psicologia, le due teorie più importanti ed accreditate sulla religione siano quelle proposte da Freud e da Jung. Il volume di Michael Palmer, il cui originale inglese è del 1997, offre agli specialisti, non meno che al lettore profano, una presentazione chiara ed approfondita di entrambe le posizioni, L’opera si articola in due trattazioni distinte e indipendenti, anche se logicamente connesse. Nella prima l’autore prende in esame la posizione di Freud, per il quale come è noto, la religione è una nevrosi ossessiva, un precipitato psichico derivato dalla rimozione sessuale, od un’illusione alimentata dalla nostalgia del padre. Palmer ricostruisce il pensiero freudiano attraverso tutte le sue opere, soffermandosi in particolare su Totem e tabù e L’avvenire di un’illusione e sui controversi casi clinici dell'”Uomo dei lupi” e del “Presidente Schreber”. La seconda parte, dedicata a Jung, muove dal suo rifiuto della teoria sessuale di Freud, illustra l’instaurarsi di una considerazione molto più ‘positiva’ della religione. Secondo Jung è la mancanza della religione, e non la sua presenza, a generare la nevrosi. Tale posizione è sostenuta dalle sue idee, certamente controverse, sulla struttura della psiche, l’inconscio collettivo, gli archetipi e l’individuazione. Entrambe le sezioni si chiudono con un’approfondita valutazione critica, che fa il punto della situazione attuale ed apre ad orizzonti nuovi di ricerca, lungo i percorsi postfreudiani della ‘psicoanalisi relazionale’ e quelli indicati da un certo junghismo critico. L’edizione italiana, particolarmente accurata nella presentazione dei testi originali di riferimento ed integrata con una specifica bibliografia italiana, offre agli studenti ed al lettore di media cultura un’ampia e accessibile introduzione alla tematica e, al contempo, segnala agli specialisti piste, talora inedite, di approfondimento.
A.-M. Rizzuto, Perché Freud ha rifiutato Dio?, Centro Scientifico Editore, Torino 2000, pp. XXIII + 231. Traduzione italiana di un volume pubblicato solo due anni prima da Yale University Press, il volume è uno sguardo inedito e suggestivo sul vissuto personale di Freud. Nella forma del ‘romanzo psicoanalitico’ la Rizzuto indaga sui motivi psicodinamici che avrebbero indotto Freud a rifiutare la religione ebraica del padre e ad assumere la posizione di “ebreo senza Dio”, come lui stesso si definì. Il lavoro prende le mosse dall’analisi dell’attività collezionistica iniziata da Freud dopo la morte del padre, con valenze di difesa compulsiva. Alcuni avvincenti capitoli sono dedicati alle vicissitudini della famiglia di Freud ed all’incidenza che ebbero su di lui sia il trasferimento nel ghetto di Vienna, sia la progressiva scoperta della debolezza e fragilità della figura del padre Jakob, verificata nel contesto familiare, sociale e religioso. Ben tre capitoli si incentrano sulla Bibbia Philippson, che Jakob donò a Sigmund al compimento del 35° anno, con una dedica-preghiera perché il figlio ritornasse alla religione dei Padri. L’analisi dei rapporti di Freud con le figure femminili di accudimento, con la nurse, cattolica praticante, e con la madre Amalie Nathansohn, permette a Rizzuto di ipotizzare un collegamento, nell’inconscio di Freud, tra la rappresentazione della Madre, della Natura, di Dio e della Morte, unificate in una rappresentazione di oggetto persecutorio. Nelle conclusioni, la risposta all’interrogativo Perché Freud ha rifiutato Dio? è indicata nella carenza di figure parentali significative per la strutturazione di una rappresentazione di Dio adeguata allo sviluppo di un senso di sé capace di sostenerlo nelle lotte e nell’impegno della vita. Costretto a “fare da solo” in un mondo senza padre-Dio, e con un vissuto materno persecutorio, Freud si sarebbe assunto, da solo, l’impegno etico-scientifico di liberare l’umanità dalle illusioni religiose, come propria compensazione alle frustrazioni affettive patite; conservando però una irrisolta nostalgia per una figura significativa di padre e di Dio. In questo bel libro, avvincente per ogni lettore, ciò che è più interessante per lo studioso non è la ricostruzione di episodi e figure fondamentali per la vita di Freud (sono ben note alcune buone ed accurate biografie) né la proposta di una lettura psicoanalitica dell’ateismo del padre della psicoanalisi, ma il tentativo di ri-costruzione della formazione ed evoluzione della rappresentazione di Dio in coerenza con un quadro teorico già ben strutturato ed elaborato dalla Rizzuto in un suo precedente volume (La nascita del Dio vivente. Studio psicoanalitico, Borla, Roma 1994). La lettura dell’esperienza di Freud può essere assunta ad esempio di come, in generale, «la comprensione psicoanalitica dello sviluppo religioso offre un potente strumento per comprendere l’atteggiamento di credenza o di non credenza».
M. Aletti – G. Rossi (a cura). L’illusione religiosa: rive e derive, a c. di M. Aletti – G. Rossi, Centro Scientifico Editore, Torino 2001, pp. XIV + 336. Il volume presenta i testi più significativi dell’VIII convegno internazionale della Società Italiana di Psicologia della Religione e ne riproduce il titolo. Questo (ben lungi da un pronunciamento sul valore veritativo dei contenuti della religione, come potrebbe apparire al lettore sprovveduto) riprende una categoria interpretativa introdotta nella letteratura psicoanalitica da Donald W. Winnicott. Se illudersi significa ‘giocare’ (in-ludere) e giocarsi nella realtà così come essa si offre al soggetto attraverso i filtri della creatività e dell’investimento personale, ed è funzione pregnante dello psichismo, anche l’‘illusione’ religiosa è «parte integrante del fatto di essere umani, autenticamente umani nella nostra capacità di creare realtà non visibili ma significative, che possano contenere il nostro potenziale di espansione immaginativa al di là dei confini sensoriali» (A.-M. Rizzuto). Del resto, al gioco simbolico-linguistico come organizzatore e mediatore del mondo intrapsichico e interpersonale si è fatta attenta tutta la psicologia contemporanea, non solo la psicologia dinamica, ma anche la psicologia sociale, la psicologia culturale, la psicologia della comunicazione. Ciascuno di questi approcci metodologici trova espressione in questo ricco volume, articolato in cinque parti, che affrontano la questione sotto l’aspetto teorico e metodologico ma anche sotto il profilo della ricerca empirica, e della pratica clinica, enucleando prospettive, ambivalenze e problemi dei percorsi del divenire religioso. Il volume evidenzia sia la rilevanza del vissuto religioso nella strutturazione e ristrutturazione della personalità, sia l’ambivalenza di un’esperienza che non è garantita dalla vulnerabilità a distorsioni patologiche, particolarmente segnate da ripiegamenti narcisistici o da un uso feticistico degli oggetti religiosi. Tra rive e derive psicologiche, forme adattive e mature e deformazioni patologiche e disadattive, l’atteggiamento dell’uomo verso la religione (nella direzione della non-credenza non meno che in quella dell’adesione di fede) interpella lo psicologo non, certamente, sul piano dei contenuti, ma su quello dei percorsi e dei processi in gioco. Il volume, che raccoglie una trentina di saggi e ricerche di eminenti psicologi e psicoanalisti italiani ed internazionali, è stato significativamente dedicato, dagli psicologi della religione, al Cardinale Carlo Maria Martini “testimone e maestro/ della fede nel Dio padre di tutti/ e dell’ascolto del cuore dell’uomo”.
R.W. Jr. Hood – B. Spilla – B. Hunsberger – R. Gorsuch, Psicologia della religione. Prospettive psicosociali ed empiriche, Centro Scientifico Editore, Torino 2001, pp. XXXVIII + 599. È la traduzione italiana della seconda edizione di un volume che ha avuto un grande successo in lingua inglese, opera matura di alcuni dei più eminenti psicologi della religione contemporanei, tutti ben noti esponenti della Divisione Psychology of Religion della American Psychological Association. L’opera si colloca nettamente e dichiaratamente in una prospettiva psicosociale e di ricerca empirica. Non manca la preoccupazione teorica, ma essa è sempre orientata alla ricerca di formulazioni e concetti operazionali e verificabili. Profondamente influenzata dalla ‘rivoluzione cognitiva’ che ha informato di sé tanta parte della psicologia sociale e generale di questi anni, questo manuale è destinato in primo luogo agli ambienti accademici ed agli studiosi di psicologia, di sociologia, di antropologia, ma anche ai leaders religiosi ed ai professionisti della salute mentale. Senza privilegiare una singola specifica teoria psicologica, il volume presenta, per ciascuna delle aree tematiche, una pluralità di modelli interpretativi e di ricerca, e ne valuta le prospettive e i punti critici. Capitolo per capitolo, vengono trattati i temi della religione nell’infanzia, nell’adolescenza, nella vita adulta ed anche di fronte alla vecchiaia ed alla morte. Analiticamente, e sempre in prospettiva empirica, vengono studiate la struttura dell’esperienza religiosa, del misticismo e della conversione, ma anche aspetti più visibili e conseguenti, quali il comportamento morale, le istituzioni organizzative religiose e i rapporti tra religione, comportamenti adattivi e coping. Non mancano approfondimenti su temi delicati quali la persuasione coercitiva, la neurofisiologia degli stati mistici, i disordini mentali, gli abusi sessuali nel clero. Completa il volume una bibliografia esaustiva in lingua inglese (duemila titoli), integrata, in questa edizione, da un’ampia bibliografia italiana e da un’introduzione sulla storia e le prospettive della psicologia della religione in Italia. Il pregio del volume – e cioè il suo rigore scientifico ed empirico nella fedeltà al paradigma delle misurazioni – comporta anche qualche limite e rinuncia, segnatamente a scapito dell’approccio psicodinamico e clinico. Questa ‘carenza’ deriva comunque da una scelta esplicita e dichiarata da parte degli autori e nulla toglie alla qualità del volume che, nel suo ambito, rimane il manuale introduttivo più ampio ed approfondito disponibile nella letteratura internazionale. Molto usato nelle università dei paesi anglosassoni e scandinavi, dove la psicologia della religione è particolarmente coltivata, potrebbe aspirare a diventare testo di base anche in Italia, qualora si riuscisse a superare le assenze e negligenze verso la disciplina oggi ostentate dal mondo accademico nostrano (quello cattolico non meno che quello laico, ma certo più inspiegabilmente).
Un altro testo utile per l’uso universitario, oltre che per un primo accostamento a figure e temi della psicologia della religione, è quello di E. Fizzotti – M. Salustri, Psicologia della religione con antologia dei testi fondamentali, Città Nuova, Roma 2001, pp. 324. L’opera mira a presentare, in forma piana ed agile, il pensiero di diversi (forse troppi) psicologi: S. Freud, A. Adler, C.G. Jung, A. Godin, A. Vergote, W. James, E. Fromm, G.W. Allport, A. Maslow, V.E. Frankl, R. Assagioli, Ken Wilber, R. Walsh, F. Vaughan. Di ogni autore si danno alcuni cenni bibliografici, si delinea la teoria generale della psiche, si presentano i punti essenziali del pensiero sulla religione e si offrono alcuni testi significativi.
Su un versante più ‘applicativo’ e di intersezione tra diversi ambiti disciplinari, si collocano alcune opere, scritte o curate da studiosi di psicologia della religione, che mostrano particolare attenzione alle tematiche ed ai fattori psicologici della vita consacrata. Si veda ad esempio, L. Pinkus, Psicodinamica della vita consacrata, ElleDiCi, TO – Leumann 2000, pp. 232. Il volume presenta la vita consacrata come una specifica e paradigmatica forma, proposta dalla tradizione cattolica attraverso la professione dei consigli evangelici, del più universale compito che ogni uomo ha, di raggiungere un’identità completa, ricca e soddisfacente, in cui siano integrate tutte le componenti della personalità. Si raccomanda pertanto non solo a responsabili della formazione alla vita consacrata, ma anche a pedagogisti ed educatori. Il volume Difficoltà e crisi nella vita consacrata, a c. di P. Del Core, ElleDiCi, TO – Leumann 1996, pp. 200, è opera a più mani, frutto di un convegno di studio che ha visto la partecipazione di psicologi, psicoterapeuti, esperti di formazione religiosa, educatori e sacerdoti. La crisi nella vita consacrata viene considerata nelle sue dimensioni e nel suo contesto attuale e interpretata all’interno di un quadro di riferimento teologico, psicologico, ed istituzionale; vengono poi formulate proposte su come affrontarla, a partire dal discernimento vocazionale fino all’intervento psicoterapeutico, di cui vengono esposti possibilità, finalità e limiti. L’opera, di alto livello concettuale ma di facile lettura, si raccomanda da sé a quanti, educatori religiosi o psicoterapeuti laici, abbiano a che fare con le tematiche della ‘crisi’ in persone consacrate. (M. Aletti)