Orientamenti Bibliografici n. 17, 1999
Recensione, a cura di Mario Aletti, della voce “Psicologia della Religione” su: Orientamenti Bibliografici n. 17, 1999, Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Milano
Due sono oggi i filoni metodologici cui è riconducibile quasi tutta la letteratura di psicologia della religione. Uno è quello clinico-ermeneutico, ancorato all’osservazione dell’individuo, alle motivazioni, ai percorsi, ai processi, consci ed inconsci, che strutturano il suo atteggiamento personale verso la religione. L’altro è quello psico-sociale, più attento alle problematiche cognitive e di apprendimento attraverso la comunicazione, alle transazioni linguistico-culturali ed a tutte le interazioni del costruttivismo sociale. In ambito internazionale, questi approcci sono equamente rappresentati nella recente seconda edizione di un manuale vasto ed approfondito, una specie di summa enciclopedica della disciplina: D. Wulff, Psychology of religion. Classic and contemporary, John Wiley & Sons, New York 1997, pp. 760; l’approccio ermeneutico è presentato dai suoi massimi esponenti in J.A. Belzen (a cura di), Hermeneutical approaches in psychology of religion, Rodopi, Amsterdam-Atlanta (GA) 1997, pp. 294; mentre l’approccio psico-sociale (che impropriamente si propone come “empirico”) costituisce una scelta, consapevolmente restrittiva, del volume di R.W. Hood Jr. – B. Spilka – B. Hunsberger – R. Gorsuch, The psychology of religion. An empirical approach, Guilford, New York 1996, pp. 546. Di quest’ultimo volume è annunciata come imminente la traduzione italiana presso il Centro Scientifico Editore di Torino, all’interno di una nuovissima e promettente collana di “Psicologia della religione”.
In Italia, questi approcci sono entrambi presenti tra i 250 studiosi e professionisti riuniti nella Società Italiana di Psicologia della Religione. I Convegni nazionali della Società — i cui atti sono pubblicati in corposi volumi — rappresentano lo stato della disciplina, insieme punto di arrivo e di avvio di nuovi studi. Tra gli ultimi volumi di atti pubblicati va ricordato quello sui cosiddetti Nuovi Movimenti Religiosi: M. Aletti (a cura di), Religione o psicoterapia? Nuovi fenomeni e movimenti religiosi alla luce della psicologia («Enciclopedia delle scienze dell’educazione», 56), LAS, Roma 1994, pp. 402. Introdotto da un’ampia lettura storico-sociale del fenomeno, lo studio più propriamente psicologico indaga su motivazioni, dinamismi, percorsi e intenzionalità, coscienti ed inconsci, dell’affiliazione, dell’appartenenza ed dell’eventuale allontanamento dai gruppi religiosi, non meno che sui fenomeni psicofisiologici e parapsicologici spesso concomitanti (stati alterati di coscienza, modificazioni psicosomatiche, possessioni e miracoli asseriti). Scritto da specialisti, ma accessibile ed utile per ogni lettore, il volume si raccomanda a quanti siano interessati ad un accostamento serio ad una problematica oggi trattata un po’ troppo superficialmente.
Un momento di notevole approfondimento sulla psicologia del linguaggio religioso, è rappresentato dal volume che raccoglie gli atti del 6° Convegno nazionale della Società: D. Fagnani – M.T. Rossi (a cura di), Simbolo, metafora, invocazione. Tra religione e psicoanalisi («Il Tridente», 17), Moretti & Vitali, Bergamo 1998, pp. 224. Presenta contributi rigorosi ed efficaci dal punto di vista della filosofia, della teologia (intenso e di grandi aperture il saggio di P.A. Sequeri, Estetica e teologia) e della psicoanalisi, con la proposta di nuove prospettive clinico-ermeneutiche per lo studio del vissuto religioso che si rifanno ad alcuni grandi protagonisti della svolta relazionale della psicoanalisi post-freudiana (Winnicott, Kohut e Bion tra tutti), o che riprendono la prospettiva di A. Vergote, largamente influenzata da Lacan, sulla semiotica del simbolismo religioso.
Imminente è la distribuzione nelle librerie del volume che raccoglie gli atti del 7° convegno, M. Aletti – G. Rossi (a cura di), Ricerca di sé e trascendenza: Approcci psicologici all’identità religiosa in un mondo pluralistico («Psicologia della Religione», 1), Centro Scientifico Editore, Torino 1999. Introdotto da una lezione magistrale di A. Vergote su struttura, percorsi, conflitti e patologie dell’identità religiosa, il volume presenta oltre quaranta interventi, articolati in quattro parti, incentrate sulla psicodinamica dell’identità religiosa, sull’interazione tra religiosità, fattori di personalità e maturazione personale, sulle risposte al bisogno di identità e di religione promesse e/o offerte oggi, in un mondo pluralistico ed interculturale dalle religioni storiche e dai nuovi movimenti, sulla trasmissione e l’educazione ai valori religiosi in una società pluralistica.
Nei tre volumi, espressione dell’attività culturale della Società e cioè, in pratica, di tutti gli psicologi della religione in Italia, emerge costantemente, esplicitato nelle Introduzioni e sotteso a molti contributi, l’impegno al rigore nella delimitazione dell’ambito epistemologico della disciplina. La psicologia della religione vi è intesa come quel ramo della scienza psicologica che studia, con metodi e strumenti psicologici, ciò che di psichico vi è nell’atteggiamento dell’individuo verso la religione. La rivendicazione della specificità dell’approccio psicologico (ambito, metodo, oggetto e finalità) contribuisce, tra l’altro a respingere interazioni epistemologicamente confusive con la filosofia e la teologia. In merito si veda M. Aletti, La religione come vissuto psichico,in A. Fabris – M. Gronchi (a cura di), Il pluralismo religioso. Una prospettiva interdisciplinare, (pp. 74-99), San Paolo, Milano 1998, pp. 231.
La psicologia della religione si distingue da altre branche della psicologia per l’ambito di studio, non per il metodo. Ma è, e vuole rimanere, psicologia, di stampo empirico, non un elemento della riflessione antropologica. Nel dialogo con questa la psicologia ha imparato a guardarsi dal pericolo di essere risucchiata nell’atmosfera rarefatta della psicologia rationalis, sua matrice storica e matrigna culturale. Mentre qualche studioso di altre discipline, magari discettando di “impossibile neutralità” pretende di stabilire alla psicologia orientamenti e compiti: costituire una base (o meglio fare da supporto) della costruzione di un sapere teologico e filosofico secondo un modello antropologico che sarebbe dato per acquisito già prima, e senza, le conoscenze psicologiche. Né maestra, né ancella di alcun’altra disciplina la psicologia della religione rivendica la sua specificità quanto all’oggetto, al metodo, all’ambito, alle competenze. E allora l’esigenza “la psicologia agli psicologi”, lungi dall’essere una rivendicazione consortile, si fa espressione della consapevolezza che il sapere psicologico si costruisce solo a partire dalla specificità del luogo del suo formarsi, nell’osservazione empirica e clinica. Esempio di estremo rigore e rispetto delle competenze proprie e di quelle altrui, è il volume di A.M. Rizzuto, La nascita del Dio vivente. Studio psicoanalitico (Orizzonti di Psicoanalisi. Serie contemporanea), Borla, Roma 1994, pp. 368. Opera veramente fondamentale, e veramente psicoanalitica, cioè saldamente ancorata alla pratica clinica ed allo studio dei casi, che, dalla sua uscita nell’originale inglese, nel 1979, è diventata imprescindibile per gli studiosi di psicologia della religione. Analista di training e supervisore all’Istituto psicoanalitico di Boston, Ana-Maria Rizzuto studia la rappresentazione di Dio e il suo evolversi lungo il ciclo di vita e nel corso del trattamento psicoanalitico. Ma precisa: «Questo non è un libro sulla religione. È uno studio clinico sulle possibili origini della rappresentazione privata di Dio nell’individuo, e sulle sue successive elaborazioni» (pag. 19). Con Winnicott e con Pruyser, rivaluta il valore ermeneutico dell’illusione e della rappresentazione mentale dell’oggetto (che non è un’idea, o un concetto, ma, ultimamente, una modalità relazionale, impregnata di vissuti arcaici). Nel volume, una prima parte di presentazione critica della letteratura psicoanalitica, freudiana e postfreudiana, sulla religione, introduce la necessità di una ricerca empirica, che si dipana, ampia ed approfondita, nella presentazione di quattro casi clinici (selezionati tra i venti studiati dall’autrice). Una terza parte trae conclusioni critiche e prospettiche, integrando il pensiero di Winnicott sull’oggetto transizionale e sul mondo dell’illusione con il modello epigenetico e la teoria del ciclo di vita di Erikson.
Spiace che il libro, certamente impegnativo alla lettura, ma uno dei più validi nella letteratura internazionale degli ultimi venti anni, non abbia avuto l’accoglienza dovuta in Italia. In generale si osserva che vale anche per le pubblicazioni di psicologia della religione il principio che la moneta cattiva scaccia la moneta buona. Nei cataloghi delle editrici, e sui banconi delle librerie, cattoliche, abbondano pubblicazioni di basso profilo, frutto di operazioni culturali pasticciate, epistemologicamente ibride. Ottiene un grande successo un certo filone di pubblicazioni para-psicodinamiche e contemporaneamente para-teologiche, che frettolosamente frammischiano antropologia teologica e teoria della personalità, Cristo e figura del formatore o del terapeuta, liturgia e psicoterapia di gruppo e, insomma, Vangelo e psicologia. Va notato che, anche da parte di qualche teologo è stato sottolineato il pericolo che le urgenze pastorali spingano ad una acritica e sommaria appropriazione di modelli psicologici. Si veda G. Mazzocato, Psicologia e pastorale. Urgenze pratiche e questioni teoriche, «Teologia», 21 (1996) 177-214.
Una serie di puntualizzazioni su problematiche religiose di attualità sociale e culturale (reincarnazione, angeli, demonio, nuovi movimenti religiosi) è offerta, in prospettiva pluridisciplinare, ma con particolare rilievo agli aspetti psicologici, in alcuni volumetti agili (ma tutt’altro che frettolosi) tutti curati da E. Fizzotti per l’Editrice LAS di Roma, nella collana “Ieri oggi domani”. Questi i titoli:
Religione o terapia? Il potenziale terapeutico dei nuovi movimenti religiosi (n. 18), 1994, pp. 150;
La sfida di Beelzebul. Complessità psichica o possessione diabolica? (n. 19), 1995, pp. 118;
Quante vite viviamo? Dibattito sulla reincarnazione (n. 20), 1995, pp. 176;
Il ritorno degli angeli. Tra teologia, psicologia e cultura (n. 23), 1996, pp. 152. Si sente oggi in Italia la mancanza di un manuale introduttivo alla disciplina che sia valido ed aggiornato. Rispondono solo parzialmente a questa esigenza due recenti pubblicazioni, nate dall’insegnamento. La prima è una presentazione introduttiva e divulgativa che, dichiaratamente, sceglie di “non mettersi esclusivamente in un’ottica razionale ed empirica, tipica delle scienze umane, ma di lasciare spazio ad una lettura “sapienziale” (pag. 9): N. Dal Molin, Verso il blu. Lineamenti di psicologia della religione, Messaggero di S. Antonio, Padova 1995, pp. 367. Scontata una certa confusività epistemologica, il volume può servire per stimolare il desiderio di affrontare la tematica e di accostarsi direttamente alle fonti dell’autore (i classici e i manuali italiani precedenti, verso cui il debito è certo grande – per altro quasi sempre riconosciuto). In speciali capitoli vengono riassunte le posizioni sulla religione di Freud, Jung, Fromm, Allport, Frankl; altri capitoli sono dedicati alla religiosità nelle varie tappe dell’età evolutiva. Per la chiarezza espositiva, con qualche indulgenza ai didatticismi ed alle semplificazioni, si segnala un’opera cui il titolo va decisamente un po’… largo, G. Brondino, Psicologia e religione, Trauben Edizioni, Torino 1998, pp. 260. Dopo un’introduzione sulle problematiche epistemologiche e metodologiche, presenta il pensiero sulla religione di W. James, S. Freud e C.G. Jung. (M. Aletti)