Orientamenti Bibliografici n. 4, 1990
Recensione, a cura di Mario Aletti, della voce “Psicologia della Religione” su Orientamenti Bibliografici n. 4 – 1990. Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Milano [per scaricare l’articolo clicca qui]
L’interesse per la psicologia della religione sta crescendo, in questi ultimi anni, anche in Italia. Ne sono indice il crescente numero di Congressi e di Convegni di studio, l’incremento del numero dei corsi a livello universitario e la recentissima istituzione, all’interno della Società Italiana di Psicologia, di una specifica Divisione Scientifico-Professionale “Psicologia e Religione”. Ne è un indice indiretto, se si vuole, anche la qualità e la quantità delle pubblicazioni, alcune di rilevante peso scientifico, altre di vasta e buona divulgazione. (In realtà, è in circolazione anche qualche “pasticciaccio” di basso profilo, che è volutamente ignorato da questa rassegna).
L’interesse degli studiosi è spesso rivolto a definire l’ambito epistemologico e metodologico di un approccio psicologico al fenomeno religioso. La psicologia ha da tempo rinunciato alla pretesa di formulare teorie sintetiche; (e tendenzialmente riduzionistiche) sulla genesi e l’essenza della religione. La lettura psicologica considera la religione una risposta pregnante alla domanda di significato esistenziale, reperibile, in modo implicito o esplicito, nell’uomo. Una risposta che appella al Trascendente, al Radicalmente-Altro. Ma la psicologia si limita a formulare giudizi di congruità psichica del vissuto religioso con l’insieme della personalità e non può esprimersi, per i suoi intrinseci limiti epistemologici, sull’ esistenza del Trascendente, né formulare giudizi di valore, se non di validità psichica, sulla fede del credente. E sotto questo profilo, della congruità psichica, si occupa, correttamente, tanto dell’atteggiamento del credente che di quello dell’ateo.
Questa prospettiva è evidenziata fin dal titolo del volume che è di gran lunga il più importante uscito in questi anni, A. Vergote, Religione, fede, incredulità. Studio psicologico, Paoline, 1985, pp. 384. Si tratta di un’opera fondamentale, nel senso più stretto della parola. Rigorosa, non presuppone, però, specifiche conoscenze, ed offre, non ultimo pregio, una lettura di grande godibilità intellettuale per la lucidità delle argomentazioni e la chiarezza del dettato. Vergote, filosofo, teologo psicoanalista, pur riferendosi a vaste ed approfondite ricerche empiriche, per le quali la sua scuola di Lovanio si è imposta all’attenzione internazionale, ce ne presenta, qui, solo le risultanze più significative, atte a strutturare, nel loro intrecciarsi, una visione sintetica dei percorsi psichici attraverso i quali l’uomo giunge ad aderire (o a prendere le distanze) dalla religione. Riferendosi poi alle modalità espressive in cui il credente vive e manifesta la propria religiosità, l’Autore propone una lettura dei dinamismi psichici in gioco nella preghiera, nel rito e nel comportamento etico.
Nell’ambito di uno studio psicologico approfondito del vissuto religioso si colloca anche il volume di A. Godin, Psicologia delle esperienze religiose. Il desiderio e la realtà, Queriniana, 1983, pp. 255. L’Autore, analizza quattro tipi di esperienza religiosa, più diffusi nel mondo contemporaneo: l’esperienza individuale di conversione, l’esperienza emozionale intensa, e le esperienze, più “nuove” vissute in gruppo, soffermandosi in particolare sui gruppi del rinnovamento e su quelli socio-politici o “impegnati” , secondo una terminologia alquanto imprecisa. In ciascuna di queste modalità di esperienza religiosa, Godin individua le componenti psicologistiche, esposte al rischio di ridurre il vissuto religioso a una risposta funzionale ai bisogni dell’uomo, segnata dal narcisismo e dal desiderio di onnipotenza, distinguendole dalle componenti più aperte e dinamiche, disponibili al riconoscimento e alla relazione con un Dio-Altro (Inatteso e Diverso), che trascende la proiezione dei desideri dell’uomo.
Un’opera che coniuga in maniera esemplare la scientificità della ricerca empirica con l’esigenza di una divulgazione di alto livello è quella curata da B. Ravasio, Psicologia e azione pastorale, Piemme, 1984, pp. 359. Strutturata come un insieme di voci monografiche, redatte ciascuna da uno specialista, presenta, oltre ad un’ampia voce di “Psicologia della religione”, trattazioni su tematiche collaterali, come “Psicologia e azione pastorale”, “Psicoanalisi e azione pastorale” e molte altre di primario interesse non solo per l’operatore della pastorale ma per educatori, insegnanti e per quanti abbiano un rapporto di consulenza psicopedagogica.
Tra gli Atti dei congressi e Convegni, si segnala il recentissimo Psicologia, religione, cultura, Ed. Proing, 1989, 2 vv., pp. 216 e 392. Si tratta degli atti del convegno, dallo stesso titolo, tenutosi a Torino nel 1987, che ebbe grande risonanza. Nella pluralità di voci e nella diversità di approcci, caratteristica di ogni convegno a larga presenza di relatori, si presenta come un interessante documento dello stato degli studi sul tema e offre preziosi stimoli per una riflessione ulteriore e per un ampliamento degli orizzonti di ricerca. Pure molto significativa, sia per le tematiche affrontate sia perché solleva coraggiosamente uno strano velo steso generalmente dagli psicoterapeuti sui vissuti religiosi dei loro pazienti, è il volume di L.G. Grandi, Psicoterapia e religione, Ed. Proing, 1986, pp. 146. Confrontando criticamente le teorie sulla religione di Freud, Jung e Adler con la personale esperienza di analista, l’autore evidenzia l’incidenza dei vissuti religiosi nella strutturazione e ristrutturazione della personalità. (M. Aletti)